Il superbollo auto torna al centro del dibattito politico ed economico italiano. A riaccendere i riflettori è Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che durante la rassegna House of Mobility a Verona ha dichiarato apertamente la volontà di arrivare all’abolizione totale di una delle tasse automobilistiche più controverse degli ultimi decenni. Una presa di posizione netta che, se attuata, avrebbe ripercussioni su una larga fetta di mercato, in particolare sul segmento delle auto ad alte prestazioni, da sempre penalizzato da un’imposta giudicata poco efficace e decisamente impopolare.
Secondo Salvini, la strategia prevede un percorso graduale che porterà al superamento del superbollo in “due o tre step”, attraverso una revisione delle soglie di potenza oggi previste dalla normativa. L’obiettivo finale è eliminare il contributo fiscale prima ancora della prossima Legge di Bilancio 2026, accelerando un processo di riforma che era stato più volte invocato dal mondo dell’automotive, ma mai realmente concretizzato.
Cos’è il superbollo e chi colpisce
Per comprendere la portata della proposta del leader della Lega, è necessario ripartire dai numeri e dalla natura del tributo. Il superbollo è un’imposta aggiuntiva al bollo auto, in vigore dal 2011, che si applica alle vetture con potenza superiore a 185 kW, pari a 251 cavalli. Per ogni chilowatt eccedente la soglia, il proprietario è tenuto a versare 20 euro, generando importi che possono arrivare anche a 1.300 euro l’anno, come nel caso di auto da 250 kW. Un aggravio notevole che grava su auto sportive, supercar, SUV di fascia alta e numerosi modelli premium spesso scelti anche da professionisti e famiglie con esigenze specifiche.
Nel tempo, questa misura è stata criticata non solo da automobilisti e collezionisti, ma anche dalle stesse case automobilistiche, che hanno registrato un calo importante nelle vendite di veicoli ad alte prestazioni destinati al mercato italiano. Secondo i dati del settore, molti consumatori hanno preferito immatricolare le vetture all’estero o rinunciare del tutto all’acquisto, innescando una contrazione della domanda e danneggiando l’intera filiera, dal commercio alla manutenzione, fino alla componentistica.
Una tassa che penalizza senza incassare
Uno dei punti cardine dell’argomentazione di Salvini riguarda proprio la scarsa efficacia del superbollo in termini di gettito fiscale. Il ministro ha sottolineato come questa imposta finisca per “ingessare il mercato” anziché favorire l’entrata di risorse nelle casse dello Stato. Una tesi che trova conferma in numerosi studi: la riduzione delle immatricolazioni ha infatti portato a un paradossale calo delle entrate, a fronte di un aggravio burocratico e fiscale che non ha prodotto i risultati sperati.
Nel corso della sua dichiarazione a Verona, Salvini ha definito il superbollo una “tassa odiosa”, una zavorra per il mercato dell’auto e un ostacolo al rilancio di un comparto strategico per l’economia italiana. L’automotive, ha ricordato, coinvolge milioni di famiglie, tra lavoratori diretti e indiretti, ed è già sottoposto a sfide imponenti legate alla transizione ecologica, alla riconversione industriale e alle tensioni sui mercati globali. In questo contesto, ogni elemento che possa liberare risorse e incentivare i consumi è considerato prioritario.
Una riforma a portata di mano
A rendere ancora più concreta la possibilità di un intervento in tempi brevi è la presenza del tema già all’interno della delega fiscale approvata in Parlamento. Questo significa che il governo ha già gli strumenti normativi per modificare le soglie e la struttura del superbollo senza dover attendere l’iter complesso e dilatato della legge di Bilancio. Salvini ha ribadito che la revisione è tecnicamente possibile “anche prima dell’autunno”, aprendo così a un possibile intervento già nel corso del 2025.
Il piano, secondo quanto anticipato, prevede un innalzamento progressivo della soglia di potenza oltre la quale il superbollo si applica. In pratica, anziché colpire tutte le auto sopra i 185 kW, si passerebbe a soglie superiori, lasciando respirare una fascia di modelli di alta gamma che oggi vengono penalizzati. Il passo successivo sarà poi la cancellazione definitiva, obiettivo dichiarato del ministro.
Le ricadute sul mercato automobilistico
Se attuata, la riforma del superbollo potrebbe avere effetti rilevanti sul mercato nazionale, in particolare per i marchi premium e sportivi che oggi faticano a trovare spazio tra i clienti italiani. Basti pensare ai modelli di case come Audi, BMW, Mercedes, Porsche o Maserati, spesso tagliati fuori dalle scelte degli acquirenti proprio a causa del peso fiscale eccessivo.
Ma non solo. Anche i concessionari, i rivenditori e l’indotto potrebbero trarre vantaggio da un ritorno di interesse per i modelli di fascia alta. Un effetto a cascata che potrebbe contribuire a sostenere le vendite, generare occupazione e riportare in Italia una fetta di mercato oggi dispersa all’estero, tra importazioni parallele e targhe straniere.
Il contesto politico e la scommessa della Lega
Sul piano politico, la battaglia contro il superbollo rappresenta per Salvini una nuova bandiera da sventolare nella campagna di consenso legata ai temi della mobilità e della fiscalità. Dopo aver spesso invocato la necessità di “rimettere al centro gli italiani che lavorano e producono”, il leader leghista sembra puntare anche sulla comunicazione simbolica di una tassa vista come “punitiva” e “inadeguata” per un Paese che deve crescere.
Non è un caso che l’annuncio sia arrivato da un evento dedicato al futuro dell’automotive, in un contesto che ha visto la partecipazione di esperti del settore, operatori economici e stakeholder industriali. Segno che l’iniziativa non è solo una promessa elettorale, ma una strategia con basi tecniche e alleanze potenziali, anche a livello di filiera produttiva.