L’auto europea sta sparendo: modelli storici a rischio estinzione

Tra concorrenza cinese, elettrificazione difficile e regole stringenti, l’industria automobilistica europea rischia di perdere la leadership nei segmenti compatti.

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PH AI

Il cuore dell’industria dell’auto del Vecchio Continente batte più piano. Modelli storici come la Fiat Panda, la Renault Twingo o la Volkswagen Polo rischiano di sparire dal mercato europeo, non per mancanza di domanda ma per l’impossibilità, sempre più evidente, di competere nel nuovo scenario globale. Una rivoluzione silenziosa, quella che sta travolgendo l’auto europea, resa ancora più complessa da normative stringenti, ritardi tecnologici e soprattutto da una concorrenza internazionale, cinese in primis, sempre più agguerrita. Il rischio? Che il segmento delle auto compatte e accessibili, da sempre spina dorsale delle vendite nel continente, venga progressivamente abbandonato.

Industria Euro europea: la sfida cinese e il prezzo che l’Europa non può battere

Negli ultimi due anni, le case automobilistiche cinesi hanno fatto irruzione nel mercato europeo con un’aggressività che pochi si aspettavano. Modelli elettrici come MG4, BYD Dolphin o Leapmotor T03 hanno raggiunto listini inferiori ai 25.000 euro, spesso con dotazioni tecnologiche superiori a quelle dei concorrenti europei. Questo accade mentre i marchi storici del continente faticano ancora a proporre un’elettrica cittadina sotto i 30.000 euro.

Il divario di costo non è frutto di sola politica commerciale. I costruttori cinesi beneficiano di una filiera integrata, di sovvenzioni statali ingenti e di costi di produzione più contenuti. Elementi che rendono estremamente difficile per l’industria europea mantenere la propria competitività. Le vetture asiatiche, inoltre, arrivano sul mercato con una progettazione full electric nativa, senza compromessi di piattaforma o architetture ibride.

Regole europee e costi che strangolano l’innovazione

A complicare la situazione vi è un quadro regolatorio che, seppur nobile negli intenti, si sta rivelando un macigno sulle spalle dei costruttori. L’introduzione del regolamento Euro 7, atteso per il 2026, impone limiti severissimi alle emissioni anche per le motorizzazioni termiche tradizionali, rendendo sempre meno conveniente continuare a produrre modelli economici con motore a benzina o diesel.

L’adeguamento tecnico necessario per rispettare questi standard ha un costo elevato che, spalmato su auto da listino basso, compromette del tutto la marginalità per i costruttori. Di conseguenza, molte aziende scelgono di abbandonare il segmento B, ritenuto non più sostenibile. Alcuni modelli simbolo, come la Renault Zoe o la e-Up! di Volkswagen, sono già fuori produzione.

Ritardi e promesse non ancora mantenute

L’industria europea ha annunciato piani ambiziosi per il rilancio dell’auto elettrica economica. Volkswagen ha promesso la ID.2all, Renault una Twingo elettrica da 20.000 euro. Fiat rilancerà la Panda elettrica, mentre Stellantis punta su una nuova piattaforma modulare low cost. Tutti progetti importanti, ma che vedranno la luce non prima del 2025 o del 2026.

Nel frattempo, le concessionarie europee faticano a offrire un’elettrica da città sotto i 25.000 euro, mentre in Cina e in alcuni mercati asiatici questi veicoli rappresentano ormai la fascia d’ingresso più competitiva. A pagare le conseguenze di questo ritardo non è solo l’industria, ma anche i consumatori, che si trovano di fronte a un’offerta sempre più scarsa e a costi inaccessibili per le famiglie medie.

Una filiera in pericolo

L’erosione della competitività non riguarda soltanto i grandi gruppi. Tutta la filiera industriale europea legata al comparto dell’auto rischia un ridimensionamento drammatico. I fornitori, specialmente quelli che operano nel segmento basso di gamma, vedono ridursi i volumi, mentre il comparto della componentistica termica vive una crisi profonda dovuta all’elettrificazione.

L’occupazione diretta e indiretta nel settore automobilistico europeo coinvolge milioni di lavoratori. Il venir meno del mercato delle citycar non rappresenta solo un problema industriale o commerciale, ma anche un rischio sociale e occupazionale che l’Unione Europea non può permettersi di sottovalutare.

L’illusione dazi e la necessità di una strategia comune per l’industria auto

Bruxelles ha avviato un’inchiesta sui sussidi statali cinesi e sta valutando l’imposizione di dazi doganali alle vetture elettriche d’importazione. Tuttavia, l’efficacia di questi strumenti è oggetto di dibattito. I dazi rischiano di innalzare i prezzi finali per i consumatori europei, senza risolvere il problema strutturale: l’assenza di una piattaforma industriale competitiva per l’auto elettrica economica.

Serve una strategia industriale coordinata a livello europeo, che investa sulle gigafactory, sulla ricerca e sviluppo delle batterie, sulla standardizzazione delle piattaforme e su una politica di incentivi mirata ai modelli realmente accessibili. Senza interventi sistemici, l’Europa rischia di perdere il treno della mobilità del futuro.

L’identità a rischio

Oltre ai numeri e alle percentuali, ciò che sta sparendo è un pezzo dell’identità automobilistica europea. Le utilitarie compatte, nate per muoversi tra i vicoli delle città o per accompagnare generazioni di neopatentati, hanno incarnato per decenni l’idea stessa di mobilità democratica.

Modelli come la Peugeot 205, la Fiat Uno, la Polo o la Renault Clio hanno raccontato una storia di ingegno, praticità e accessibilità. Vedere questi nomi storici uscire silenziosamente di scena è un campanello d’allarme non solo per l’industria, ma per l’intero progetto europeo.

Una scelta che riguarda tutti

Se l’Europa vuole davvero essere protagonista della transizione ecologica, deve trovare il modo di conciliare sostenibilità e accessibilità. L’auto elettrica per tutti non può restare uno slogan o un privilegio per pochi. Servono decisioni rapide, visione industriale e soprattutto la volontà di salvare un settore che ha contribuito per oltre un secolo allo sviluppo economico e sociale del continente.

Perché senza auto compatte, senza modelli economici e senza un’industria capace di innovare dal basso, l’auto europea rischia di non esistere più.

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