Il ritorno delle city car: l’Europa prepara il rilancio del segmento compatto

La Commissione Europea lavora al progetto Small Affordable Cars per riportare sul mercato le city car elettriche con prezzi tra 15.000 e 20.000 euro.

city car

L’Unione Europea sembra finalmente decisa a riportare protagoniste le city car, un segmento che negli ultimi anni è stato progressivamente abbandonato dai costruttori a causa di margini ridotti e di un mercato sempre più orientato verso SUV e crossover. A Bruxelles si lavora a un’iniziativa concreta, battezzata Small Affordable Cars, con l’obiettivo di immettere sul mercato nuove vetture compatte, possibilmente elettriche, dal prezzo accessibile. Dopo anni di dichiarazioni e promesse, l’Europa prova a fare sul serio, partendo dal nodo centrale che ha sempre frenato questo tipo di veicoli: il costo di produzione e di vendita.

Un piano europeo per le auto compatte

Il vicepresidente esecutivo della Commissione Europea Stéphane Séjourné ha annunciato che l’obiettivo del progetto è quello di garantire modelli con un prezzo compreso tra 15.000 e 20.000 euro. Una soglia ritenuta cruciale per rilanciare il segmento e renderlo appetibile per le famiglie, soprattutto in un periodo di inflazione elevata e di forte incertezza economica. In Europa, a differenza del Giappone dove le kei car hanno conosciuto un enorme successo, le city car sono state penalizzate dalla mancanza di incentivi mirati e da una produzione che spesso non permetteva economie di scala. L’iniziativa europea mira a colmare proprio questo vuoto, stimolando domanda e offerta allo stesso tempo.

City car elettriche a prezzi accessibili

L’idea è quella di trasformare il concetto di piccola auto urbana in un nuovo standard europeo di mobilità, facendo leva sull’elettrificazione. La Commissione auspica che i nuovi modelli siano prevalentemente elettrici, contribuendo così alla riduzione delle emissioni climalteranti e al rispetto degli obiettivi ambientali fissati per i prossimi anni. Portare sul mercato city car a basso costo e a zero emissioni potrebbe diventare un tassello fondamentale della transizione energetica. Tuttavia, al momento non è stato ancora definito un pacchetto di sgravi fiscali o incentivi alla produzione, come avviene in Giappone, dove il successo delle kei car si è basato proprio su agevolazioni mirate. Senza un sostegno concreto, il rischio è che i costruttori si trovino a sostenere da soli i costi industriali, con margini già ridotti all’osso.

Il problema dei costi di produzione

Uno dei nodi più delicati è proprio quello della redditività. Produrre un’auto elettrica a 15.000 euro significa ridurre drasticamente i costi, senza però sacrificare sicurezza, qualità e tecnologie di bordo. Le grandi case automobilistiche hanno finora preferito concentrarsi su SUV elettrici di fascia media o alta, dove i margini sono più consistenti, abbandonando progressivamente le utilitarie. Con il progetto Small Affordable Cars l’Europa intende spingere i costruttori a tornare a investire in questo segmento, offrendo soluzioni che siano al tempo stesso sostenibili e competitive. Non sarà un percorso facile, soprattutto in un contesto industriale europeo segnato da chiusure di stabilimenti e migliaia di licenziamenti.

Il ruolo dell’Italia e le richieste al Consiglio europeo

Il tema del ritorno delle city car è stato affrontato anche dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha ribadito la necessità di adottare un approccio realistico e pragmatico. L’Italia, insieme ad altri Paesi, ha sollecitato l’apertura di nuove fabbriche europee di batterie, affinché la tecnologia rimanga sotto il controllo dell’Unione e non dipendente da fornitori esterni. Secondo Urso, la transizione rischia di trasformarsi da una dipendenza energetica dalla Russia a una dipendenza tecnologica da Paesi extraeuropei, un rischio che l’Europa non può permettersi di correre. Per questo motivo, il ritorno delle city car a basso costo è visto anche come un’opportunità per rafforzare la filiera industriale interna e creare nuovi posti di lavoro.

Il parallelo con le kei car giapponesi

Per molti osservatori, il modello a cui guardare è quello delle kei car giapponesi, piccole vetture pensate per le città, vendute a prezzi competitivi grazie a incentivi fiscali e a una normativa dedicata. In Europa, però, un progetto simile non potrà funzionare senza un adeguato supporto politico. Il rischio è che i costruttori non trovino la convenienza a sviluppare nuove piattaforme e si limitino a proporre versioni depotenziate di modelli già esistenti. La sfida sarà quindi creare una vera e propria gamma europea di city car, con design innovativi, autonomie sufficienti e prezzi realmente accessibili.

Le difficoltà del settore automobilistico europeo

L’annuncio dell’iniziativa arriva in un momento particolarmente delicato per l’automotive europeo. Negli ultimi mesi, diversi costruttori hanno annunciato chiusure di stabilimenti e tagli occupazionali lungo tutta la filiera. Le difficoltà derivano non solo dall’aumento dei costi energetici e delle materie prime, ma anche da una transizione elettrica che procede a ritmo forzato, creando problemi di sostenibilità economica. In questo contesto, il ritorno delle city car rappresenta sia una sfida sia una speranza. Una sfida perché richiede di abbattere i costi di produzione senza sacrificare qualità e sicurezza. Una speranza perché potrebbe rilanciare il settore, attirando nuovi acquirenti e ridando centralità a un segmento che in passato ha fatto la storia dell’automobile europea.

Un progetto che guarda al futuro delle city car

Con il piano Small Affordable Cars, la Commissione Europea non intende solo rilanciare un segmento in difficoltà, ma anche dare un segnale politico forte: la mobilità elettrica deve essere per tutti, non solo per chi può permettersi modelli da 40 o 50 mila euro. Rendere accessibili le city car elettriche significa democratizzare la transizione energetica, evitando che diventi un privilegio di pochi. Le parole di Séjourné e di Urso confermano che si tratta di un progetto complesso, che richiederà tempo, investimenti e soprattutto una visione condivisa tra istituzioni, costruttori e consumatori. La sfida sarà quella di trasformare un’idea ambiziosa in una realtà industriale concreta, capace di riportare nelle strade europee le piccole auto che hanno segnato intere generazioni di automobilisti.

City car come simbolo di una nuova mobilità urbana

Il ritorno delle city car elettriche potrebbe diventare anche il simbolo di una nuova idea di mobilità urbana. Con città sempre più congestionate e con normative sempre più severe sulle emissioni, le piccole vetture a batteria rappresentano la soluzione più logica e sostenibile. Economiche, pratiche e agili nel traffico, possono restituire centralità a un concetto di automobile che sembrava ormai superato. Per i costruttori europei si tratta anche di un’opportunità per distinguersi rispetto alla concorrenza cinese, oggi molto aggressiva proprio sul fronte delle auto elettriche compatte e a basso costo. La sfida, ancora una volta, sarà sul prezzo: solo centrando l’obiettivo dei 15.000 euro sarà possibile parlare di un vero rilancio del segmento.

Un’opportunità per l’industria europea

La produzione di city car a prezzi accessibili potrebbe riportare in Europa quella capacità industriale che negli ultimi anni è stata progressivamente delocalizzata. Fabbricare batterie, motori elettrici e componenti tecnologici sul suolo europeo significherebbe creare posti di lavoro, ridurre la dipendenza da altri Paesi e rafforzare l’intero settore automobilistico. Al tempo stesso, offrire vetture elettriche a basso costo rappresenterebbe una risposta concreta alle esigenze delle famiglie e dei giovani, spesso esclusi dal mercato a causa dei prezzi troppo elevati. Il progetto europeo si inserisce così in una più ampia strategia di rilancio industriale, in cui l’automobile torna a essere protagonista.

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