Il richiamo degli airbag Takata difettosi è tornato con forza sulle prime pagine, dopo anni di interventi e contenziosi legali. A riaccendere i riflettori su uno dei più gravi scandali industriali dell’automotive è stato un tragico incidente avvenuto lo scorso 11 giugno in Francia, in cui ha perso la vita una donna di 37 anni alla guida di una Citroën C3 del 2014. Il veicolo era ancora dotato di un airbag Takata non sostituito, nonostante fosse rientrante nelle precedenti campagne di richiamo.
Le indagini della procura di Reims hanno confermato che la causa del decesso è stata l’esplosione anomala del dispositivo di sicurezza montato sulla vettura. Citroën si è difesa sottolineando di aver inviato una lettera raccomandata il 20 maggio per convocare la proprietaria al ritiro in officina, ma a causa di un errore di indirizzo, la comunicazione non è mai arrivata a destinazione. Il caso ha provocato una reazione immediata e radicale: la casa automobilistica ha annunciato lo stop immediato alla circolazione di tutte le C3 e DS3 ancora dotate di airbag Takata.
Una misura estrema dopo anni di campagne
Il nuovo intervento straordinario voluto da Citroën ha avuto origine direttamente da una direttiva del Ministero dei Trasporti francese, che ha ordinato il blocco alla circolazione per ogni veicolo coinvolto, fino all’avvenuta sostituzione dell’airbag incriminato. Il costruttore ha dunque deciso di attivare il protocollo “stop drive”, costringendo i proprietari delle auto interessate a fermarle immediatamente per accelerare la fase di sostituzione.
Il provvedimento è stato accompagnato dalle parole del CEO di Citroën, Xavier Chardon, che ha ribadito l’impegno dell’azienda a non eludere le proprie responsabilità. “È importante che i clienti ci contattino. Noi non fuggiamo dalle nostre responsabilità. M’impegno personalmente affinché non ci sia più un solo airbag Takata in tutte le Citroën”. Secondo i numeri diffusi, sono circa 82.000 i veicoli coinvolti solo in Francia, mentre la cifra complessiva in Europa si aggira intorno a 441.000 unità. Il blocco riguarda i modelli C3 e DS3 immatricolati entro il 2019, anche se il problema si concentra in particolare nelle auto più datate, come la C3 del 2014 coinvolta nell’ultimo incidente.
L’Italia e la mappa europea dei richiami
Il caso ha interessato in modo particolare il Nord Europa, dove il tasso di sostituzione risulta ancora insufficiente. Diversamente, in Italia, Spagna e Portogallo, la situazione è sotto controllo grazie a campagne di richiamo già avviate e quasi concluse. A partire dall’inizio del 2025, Citroën ha già provveduto al ritiro di 236.900 veicoli con airbag Takata ancora attivi, mentre nella primavera del 2024 era stata lanciata una prima operazione su migliaia di auto in venti Paesi del Sud Europa, Medio Oriente e Nord Africa.
La nuova decisione francese ha riportato al centro delle cronache l’affair Takata. L’incidente dell’11 giugno ha infatti portato a 18 il numero delle morti accertate in Francia legate all’esplosione incontrollata di airbag Takata.
Origine dello scandalo e impatto globale
Per comprendere la gravità della situazione, è necessario tornare al 2013, anno in cui emersero i primi segnali di allarme sulla sicurezza degli airbag prodotti dalla giapponese Takata, fondata nel 1933 e diventata nel tempo uno dei fornitori principali delle più importanti case automobilistiche. Il vantaggio competitivo in termini di costi aveva reso Takata un partner privilegiato per moltissimi marchi, purtroppo però milioni di dispositivi contenevano infatti un propellente difettoso, capace di generare esplosioni violente e incontrollate al momento dell’attivazione dell’airbag.
Nel solo 2013 furono richiamati 3,6 milioni di veicoli, ma il vero punto di svolta arrivò nel 2015, quando la NHTSA americana ordinò il ritiro di 34 milioni di auto in quello che resta tuttora il più grande richiamo della storia automobilistica degli Stati Uniti. La conseguenza fu drammatica per l’azienda: nel giugno del 2017 Takata dichiarò bancarotta, travolta da richiami, azioni legali e richieste miliardarie di risarcimento.
Da allora, il numero delle auto coinvolte ha continuato a crescere. Secondo le stime aggiornate, negli Stati Uniti sono stati sostituiti oltre 45 milioni di airbag difettosi, mentre il numero complessivo di veicoli richiamati in tutto il mondo supera i 100 milioni. Le vittime accertate sono diverse decine, e i feriti si contano a centinaia. Malgrado gli sforzi compiuti a livello internazionale, molti veicoli con airbag Takata risultano ancora in circolazione, specie nei mercati dove le campagne di richiamo non hanno avuto un’esecuzione capillare.
I nodi della responsabilità e la sfida della comunicazione
Il nuovo episodio francese pone al centro del dibattito la questione della responsabilità nella gestione dei richiami. Se da un lato le case automobilistiche devono garantire che i dispositivi difettosi vengano rimossi con tempestività, dall’altro risulta sempre più evidente quanto sia difficile raggiungere tutti i proprietari, soprattutto nel caso di vetture vendute da anni, rivendute più volte o trasferite all’estero. Il caso della donna deceduta in Francia ne è un esempio drammatico: una semplice lettera raccomandata non recapitata ha avuto un esito fatale.
Il sistema dei richiami su larga scala si scontra spesso con problemi logistici, burocrazia e scarsa risposta da parte dei clienti, alcuni dei quali ignorano la gravità del rischio oppure non sono più reperibili attraverso i canali ufficiali. In questo scenario, la trasparenza e la determinazione dimostrata da Citroën nel bloccare la circolazione delle vetture a rischio rappresentano un segnale importante, anche in termini di comunicazione della sicurezza.
L’efficacia dei richiami dipende anche dalla percezione pubblica del pericolo: un airbag che può esplodere trasformandosi in una scheggia letale dovrebbe bastare a convincere qualsiasi automobilista a intervenire, ma i dati mostrano che non è sempre così. La fiducia nei sistemi di sicurezza, una volta incrinata, è difficile da ricostruire, soprattutto in assenza di informazioni chiare, tempestive e univoche.
Il futuro dei richiami e della responsabilità industriale
La storia degli airbag Takata è destinata a restare una delle pagine più nere nella storia dell’industria automobilistica globale. Non solo per l’entità dei numeri coinvolti, ma per le implicazioni etiche e legali che essa continua a generare. Il fatto che, a distanza di oltre un decennio dalle prime segnalazioni, si verifichino ancora decessi collegati a dispositivi noti per la loro pericolosità, mette in discussione l’effettiva capacità del settore di garantire una protezione coerente e universale degli utenti della strada.
Mentre le istituzioni e i costruttori si confrontano su come accelerare le fasi di sostituzione e rendere più efficiente il tracciamento dei veicoli a rischio, la tragedia di Reims rimane un monito pesante. Il richiamo forzato di migliaia di C3 e DS3 in tutta Europa non è solo un’azione tecnica, ma un atto di responsabilità che ribadisce l’urgenza di completare una bonifica che, troppo a lungo, è rimasta parziale.