La fotografia più aggiornata del parco auto in Italia restituisce un’immagine chiara: sulle strade circolano sempre più veicoli, ma anche sempre più datati. A raccontarlo è l’Annuario Statistico 2024 dell’ACI, che registra i principali indicatori relativi al numero di veicoli, all’età media, al mercato dell’usato, alle radiazioni e alla spesa complessiva legata all’automobile. La tendenza che emerge è duplice: da un lato c’è una crescita costante della mobilità privata, dall’altro una lentezza evidente nel processo di svecchiamento del parco circolante.
Nel corso del 2024, il numero complessivo di autovetture ha raggiunto quota 41,3 milioni, con un incremento di 425.000 unità rispetto all’anno precedente. Questo dato rafforza ulteriormente il primato italiano in Europa in termini di densità di auto per abitante: attualmente, circolano 701 auto ogni mille abitanti, valore che sale a 942 veicoli ogni mille abitanti se si considera l’intera flotta motorizzata. Un livello di motorizzazione che non ha pari nel continente e che continua a crescere.
I dati sul parco auto in Italia: veicoli più numerosi e sempre più datati
Accanto all’aumento del numero di veicoli, il dato più allarmante è quello sull’età media. Il parco auto italiano ha oggi un’età mediana di 13 anni, con un incremento di due mesi rispetto al 2023. Questo significa che metà delle auto in circolazione ha più di tredici anni, un dato che evidenzia un rallentamento nel rinnovo del parco veicoli, anche in un contesto di crescente attenzione verso l’ambiente e la sicurezza stradale.
A confermare questo trend c’è la quota ancora molto rilevante di veicoli pre-Euro 4, cioè quelli appartenenti alle classi Euro 0, 1, 2 e 3. Si tratta di auto immatricolate almeno 19 anni fa, che rappresentano circa il 24% del totale. Una percentuale che pesa non solo sulla qualità dell’aria, ma anche sulla sicurezza stradale e sull’efficienza del sistema di mobilità.
Iscrizioni, radiazioni e mercato dell’usato
Sul fronte delle prime iscrizioni al PRA, il 2024 ha registrato poco meno di 1,6 milioni di nuove immatricolazioni, con un modesto +0,7% rispetto al 2023. Un dato lontano dagli standard pre-pandemia, quando il mercato viaggiava attorno ai 1,9 milioni di nuove registrazioni annue, e ancora più distante dai numeri degli anni Duemila, in cui si superavano abbondantemente i 2 milioni.
In parallelo, le radiazioni sono state circa 1.245.000, un numero che rappresenta il terzo valore più basso dal 2000 ad oggi. La conseguenza diretta è un saldo positivo di circa 350.000 unità, che contribuisce ulteriormente alla crescita del parco circolante. Non solo si vendono poche auto nuove, ma si elimina dal circolo ancora meno, contribuendo al generale invecchiamento dei mezzi in circolazione. Inoltre, l’età media delle auto radiate è salita a 18 anni e 9 mesi, segno che anche chi dismette l’auto lo fa dopo un uso molto prolungato.
Al contrario, il mercato dell’usato continua a mostrare segnali di vitalità. I trasferimenti netti di proprietà sono saliti dell’8,5%, con oltre 3,15 milioni di contratti conclusi. Il rapporto tra usato e nuovo è stato di 1,98, in crescita rispetto all’1,84 del 2023: per ogni 100 auto nuove vendute, ne sono passate di mano quasi 200 usate. È una dinamica che conferma come il mercato secondario rappresenti ancora una via preferenziale per gli italiani, più propensi a sostituire la propria auto con una usata piuttosto che affrontare l’acquisto di un veicolo nuovo.
La spesa per l’auto continua a salire
Il 2024 ha visto anche un nuovo aumento nella spesa complessiva legata all’auto: gli italiani hanno sborsato poco più di 165 miliardi di euro, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente. Il costo dell’auto rimane dunque una voce rilevante nei bilanci familiari, con una spesa media annua per veicolo di circa 4.000 euro, in aumento di quasi 100 euro rispetto al 2023.
Le voci più consistenti riguardano l’acquisto e l’ammortamento, che valgono 53 miliardi di euro, e il carburante, per cui si sono spesi 41 miliardi. Seguono poi la manutenzione e le riparazioni, che hanno superato i 29 miliardi di euro. In un contesto economico dove i costi energetici e di gestione continuano a crescere, l’auto resta un bene indispensabile ma oneroso, soprattutto per chi vive fuori dai grandi centri urbani.
Un gettito fiscale da 71 miliardi
La forte motorizzazione ha un impatto diretto anche sulle entrate fiscali per lo Stato. Il 2024 ha fatto registrare un gettito complessivo di quasi 71 miliardi di euro, con una crescita del 2,2% rispetto all’anno precedente. La voce più rilevante è quella legata alla tassazione sui carburanti, che vale 39 miliardi, seguita dall’IVA sugli acquisti di veicoli (9,8 miliardi) e dalla tassa automobilistica, pari a 7,5 miliardi. Si tratta di cifre che evidenziano il ruolo centrale che il settore auto continua ad avere nell’economia italiana, sia come motore di consumi che come fonte di introiti fiscali.
Italia prima in Europa per densità di veicoli
Il quadro tracciato dall’ACI evidenzia un’Italia sempre più dipendente dall’automobile privata. Con 942 veicoli ogni 1.000 abitanti, il nostro Paese si conferma come il più motorizzato d’Europa, ma anche tra i meno virtuosi sul fronte del ricambio dei veicoli. Un parco auto così vecchio pone interrogativi non solo ambientali ma anche infrastrutturali e di sicurezza.
Le politiche per incentivare la rottamazione dei veicoli più inquinanti e favorire l’adozione di auto meno impattanti, come le ibride o le elettriche, stentano a produrre risultati strutturali. I dati sulle immatricolazioni nuove, ancora ben al di sotto delle soglie fisiologiche pre-2020, e la quota ancora elevatissima di Euro 0, 1, 2 e 3, mostrano come la strada per un parco auto moderno, sicuro ed ecologico sia ancora molto lunga.
I numeri dell’Annuario Statistico ACI 2024 raccontano anche una difficoltà concreta: la transizione ecologica nel settore della mobilità rischia di rimanere un orizzonte teorico se non accompagnata da politiche efficaci, incentivi duraturi e soluzioni accessibili per tutte le fasce della popolazione. Il costo elevato dei veicoli a basse emissioni, unito a una rete infrastrutturale ancora insufficiente per l’elettrico, frena il passaggio a un nuovo modello di mobilità.