A Spa la Ferrari spreme il turbo, ma la vera sfida è l’energia sul bagnato

A Spa-Francorchamps la Ferrari lavora sulla calibrazione della power unit: tra salite, rettilinei e pioggia, la gestione dell’energia conta più della pura potenza.

ferrari a spa
PH Scuderia Ferrari (sito)

Nel cuore delle Ardenne, dove i boschi si alternano ai tornanti e la nebbia può comparire all’improvviso, la Ferrari a Spa affronta una delle prove tecniche più affascinanti del calendario. Il circuito di Spa-Francorchamps rappresenta una sfida continua per piloti e ingegneri, soprattutto quando si tratta di domare la power unit Ferrari in condizioni estreme. Roel Sourbron, ingegnere della casa di Maranello e responsabile della calibrazione del motore termico, offre uno spaccato lucido di ciò che avviene dietro le quinte durante il Gran Premio del Belgio. Nato a pochi chilometri dal tracciato di Zolder, Sourbron conosce a fondo le esigenze tecniche di una pista come Spa, dove gestione energetica, salite estreme e rettilinei a pieno gas si combinano a un microclima incerto e imprevedibile.

Un circuito estremo per la meccanica e per la strategia

Con i suoi 7,004 km, Spa-Francorchamps è il circuito più lungo del campionato. Questa caratteristica influenza profondamente l’approccio alla gara, perché significa dover ottimizzare ogni segmento per ottenere vantaggi cronometrici. Per la power unit della Ferrari, significa dover rispondere a una richiesta continua di erogazione, specie in tratti dove l’acceleratore non viene mai sollevato per oltre venti secondi. Le curve Eau Rouge e Raidillon, per esempio, vengono affrontate completamente a pieno carico, dando vita a un tratto di 1,8 km dove la vettura è in costante accelerazione. La potenza richiesta non è solo un numero: anche se la monoposto può erogare più di 900 cavalli, la pendenza della salita dopo l’Eau Rouge è così marcata che in realtà l’auto rallenta. Un dettaglio che sottolinea quanto sia fondamentale la calibrazione del motore in funzione non solo della velocità, ma anche della topografia.

Il peso del carburante e la stima dei consumi

La gestione del carburante è un altro elemento chiave nel disegno strategico della Ferrari a Spa. La lunghezza del circuito implica un consumo più elevato di benzina per ogni giro, ma al contempo ogni chilogrammo in più caricato comporta un aggravio significativo in termini di tempo sul giro. Si crea così un equilibrio delicatissimo: imbarcare il minimo necessario per restare leggeri senza mai arrivare al limite dell’autonomia. Anche in questo caso, la calibrazione della power unit Ferrari è chiamata a un lavoro di estrema precisione, capace di rispondere alle richieste delle varie fasi della gara, dalla partenza al pieno carico fino alla fase di gestione verso la bandiera a scacchi.

Sole, freddo e pioggia: tre facce della stessa gara

Spa è notoriamente uno dei tracciati più imprevedibili dal punto di vista meteorologico. In pochi minuti si può passare da una pista asciutta a un acquazzone che costringe i piloti al cambio gomme e gli ingegneri a rivoluzionare l’approccio alla corsa. Per la power unit della Ferrari, questa mutevolezza rappresenta una prova ingegneristica rilevante. In condizioni di sole e alte temperature, il motore a combustione viene spinto al massimo delle sue capacità. La richiesta di prestazione è lineare, ma anche stressante: ogni componente interno lavora al limite per garantire una risposta immediata e continua. Tutt’altra storia quando la temperatura cala e la pioggia bagna l’asfalto. In questi casi, i regimi di combustione cambiano profondamente. Le pressioni interne diventano più alte per periodi più lunghi, e il rischio di stress meccanico aumenta. La power unit Ferrari deve dunque adattarsi, modulando la spinta in modo diverso per mantenere performance senza compromettere l’affidabilità.

La sfida dell’altitudine e del turbo sotto pressione

Un aspetto spesso trascurato ma determinante è l’altitudine del tracciato. Il punto più alto di Spa tocca i 461 metri sul livello del mare, con un dislivello totale superiore ai 100 metri. Questa variabilità comporta un cambiamento significativo nella pressione atmosferica, che influisce direttamente sul comportamento del turbocompressore della Ferrari. Come già accade in Austria o in Messico, la minore densità dell’aria obbliga il turbo a lavorare a regimi più alti per garantire la stessa pressione di sovralimentazione. Questo non è un dettaglio da poco: porta con sé il rischio concreto di raggiungere i limiti fisici e termici dei componenti. Anche in questo caso, la strategia Ferrari non è basata solo sulla ricerca della massima potenza, ma sulla resilienza tecnica della power unit, che deve performare anche quando l’ambiente esterno cambia radicalmente nel giro di pochi minuti.

Il comportamento della monoposto cambia con l’acqua

Quando la pioggia cade sul circuito belga, la Ferrari a Spa affronta un’ulteriore metamorfosi. Il tracciato diventa un terreno in cui la pura potenza conta meno della fluidità. Curve come l’Eau Rouge o Blanchimont, che in condizioni di asciutto vengono percorse a tavoletta, sotto l’acqua non possono più essere affrontate allo stesso modo. La guidabilità diventa il punto centrale, e la risposta dell’acceleratore deve essere calibrata con estrema morbidezza. In questo contesto, la gestione dell’energia – sia recuperata che erogata – gioca un ruolo fondamentale. Il compito della power unit non è più solo quello di fornire spinta, ma di garantire un comportamento prevedibile e stabile della monoposto.

La fluidità prima della spinta: adattare la mappatura motore

Sourbron sottolinea come in condizioni di bagnato diventi cruciale intervenire sulle mappature del motore. Non si tratta solo di ridurre la potenza, ma di modificarne l’erogazione. Una spinta troppo brusca rischierebbe di compromettere l’aderenza, mentre una curva di coppia più morbida consente al pilota di modulare con più precisione ogni ingresso e uscita di curva. In pratica, la power unit Ferrari diventa uno strumento di controllo, non solo di prestazione. Il fine ultimo è quello di offrire una guidabilità ottimale, anche in uno scenario di scarsa visibilità e tenuta. In questo, la Ferrari si affida non solo alla competenza dei piloti, ma anche al lavoro certosino degli ingegneri, che devono anticipare ogni possibile scenario.

Il motore come protagonista silenzioso nella strategia Ferrari

Il Gran Premio del Belgio rappresenta ogni anno una cartina di tornasole per le capacità della Ferrari di adattarsi. Non basta essere veloci sul dritto, non basta saper affrontare le curve ad alta velocità: serve una comprensione profonda di come la power unit Ferrari interagisce con l’ambiente, il tracciato e le mutevoli condizioni meteorologiche. A Spa, più che altrove, la strategia energetica si intreccia con la tecnologia e con la sensibilità dei piloti. Le salite non sono solo un ostacolo da superare, i rettilinei non sono solo un’occasione per spingere: tutto dipende da come viene utilizzato ogni cavallo disponibile, da come si regola ogni parametro della PU, da quanto a fondo si conosce il motore che pulsa dietro la spinta della monoposto. Ed è qui, nel cuore delle Ardenne, che la Ferrari dimostra quanto l’ingegneria e l’intuito umano possano fondersi per affrontare una delle sfide più complete e affascinanti dell’intero mondiale di Formula 1

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