Fringe benefit auto aziendali 2025, ecco tutte le regole e le novità

La circolare 10/E dell’Agenzia delle Entrate chiarisce come funzionano i fringe benefit auto 2025, tra nuove aliquote, periodo transitorio ed esempi pratici di applicazione.

fringe benefit auto 2025

Il 2025 segna una svolta decisa per la gestione dei fringe benefit auto aziendali, una materia che negli ultimi mesi ha generato dubbi, proteste e richieste di chiarimento da parte di imprese e lavoratori. A intervenire in modo definitivo è arrivata la circolare 10/E dell’Agenzia delle Entrate, che illustra punto per punto i cambiamenti introdotti dalla riforma varata per il nuovo anno fiscale. Si tratta di modifiche rilevanti, perché cambiano in modo sostanziale la base imponibile su cui calcolare la tassazione del beneficio derivante dall’uso promiscuo delle auto aziendali.

La circolare ha il pregio di mettere ordine su questioni rimaste in sospeso, in particolare per quanto riguarda la cosiddetta fase transitoria, cioè il passaggio tra la vecchia normativa incentrata sulle emissioni di CO2 e il nuovo schema basato esclusivamente sulla tipologia di alimentazione del veicolo.

Tassazione fringe benefit auto 2025: cosa cambia davvero

Fino al 2024 la tassazione delle auto aziendali ad uso promiscuo veniva calcolata su quattro fasce di emissioni di CO2 secondo i parametri del ciclo WLTP, applicando diverse percentuali di imponibile che andavano a colpire la retribuzione in natura percepita dal lavoratore. Questo sistema aveva il merito di premiare in modo proporzionale le auto più pulite, ma secondo il legislatore presentava anche zone grigie difficili da gestire sul piano operativo.

Dal 1° gennaio 2025 la situazione cambia radicalmente perché la determinazione dell’imponibile fringe benefit non tiene più conto delle emissioni di CO2 ma esclusivamente della tipologia di alimentazione. In sostanza, i contratti stipulati dal 2025 in poi vedono l’applicazione di tre scaglioni fissi: per le auto elettriche la percentuale da applicare sul valore del benefit è del 10%, per le auto plug-in hybrid sale al 20%, mentre per tutte le altre motorizzazioni (quindi endotermiche tradizionali o ibride leggere) la tassazione arriva fino al 50%.

Una modifica che intende premiare la mobilità elettrica e la transizione ecologica in chiave fiscale, ma che, come era facile immaginare, ha generato un certo malcontento soprattutto tra chi gestisce parchi auto aziendali con vetture termiche o mild hybrid, i cui fringe benefit subiranno un aumento consistente rispetto al passato. Basti pensare che fino al 2024 la maggior parte delle auto aziendali in Italia, rientrando nella fascia di emissioni tra 61 e 160 g/km, era soggetta a un prelievo del 30%, mentre ora la nuova disciplina porta la stessa quota al 50%, incidendo sensibilmente sulla busta paga dei lavoratori e sui costi complessivi per le imprese.

Il periodo transitorio fino a giugno 2025

L’Agenzia delle Entrate ha però stabilito un periodo transitorio per non creare eccessivi squilibri. Chi ha ordinato un’auto aziendale entro il 31 dicembre 2024 e la riceverà entro il 30 giugno 2025 potrà ancora applicare la vecchia normativa, cioè la tassazione sulle quattro fasce di emissioni WLTP. In questo modo, spiega la circolare, si tutela chi aveva programmato l’acquisto del veicolo prima dell’entrata in vigore delle nuove regole e ha stipulato un contratto in base a parametri noti e condivisi. È una misura ponte che dovrebbe permettere a imprese e lavoratori di adattarsi gradualmente al nuovo quadro fiscale senza subire un salto improvviso nei costi.

Non solo, la circolare precisa anche un elemento che ha fatto molto discutere. Se il veicolo ordinato entro fine 2024, consegnato e immatricolato tra gennaio e giugno 2025, rientra tra quelli a basse emissioni per cui la nuova normativa prevede percentuali agevolate (10% per le elettriche e 20% per le plug-in hybrid), allora potrà beneficiare della nuova disciplina più vantaggiosa. In sostanza, per questi modelli a basso impatto ambientale valgono comunque le percentuali ridotte previste dalle nuove regole, anche se l’ordine è stato effettuato nel 2024.

Esempi concreti per capire la nuova tassazione

Proprio per chiarire questi aspetti, la circolare dell’Agenzia delle Entrate fornisce esempi pratici molto utili, segnalando come comportarsi in caso di contratti firmati prima della fine dell’anno scorso e veicoli consegnati nei primi sei mesi del 2025. Un caso classico è quello di un’auto ordinata a luglio 2024, concessa in uso con contratto stipulato a dicembre 2024 e immatricolata e consegnata al dipendente a febbraio 2025: qui vale ancora la tassazione secondo le fasce di CO2 vigenti fino a dicembre 2024.

Situazione simile se la consegna avviene a maggio 2025 con un contratto di concessione firmato a inizio 2025, sempre che l’ordine fosse stato effettuato entro dicembre 2024. Al contrario, se la stessa auto fosse elettrica o plug-in hybrid, con tutte le condizioni maturate entro giugno 2025, allora si applicheranno le percentuali più favorevoli introdotte quest’anno.

In questo modo il legislatore e l’Agenzia delle Entrate hanno provato a mantenere un equilibrio fra la necessità di incentivare la transizione ecologica e la tutela di imprese e lavoratori che avevano già pianificato la propria strategia di rinnovo auto con criteri precedenti. È evidente che queste misure hanno un impatto forte sulla scelta delle vetture aziendali future, perché orientano con forza verso il segmento delle auto elettriche e plug-in, lasciando invece penalizzate le motorizzazioni termiche tradizionali.

Obiettivi di sostenibilità ed effetti sui costi

Non è un caso che la nuova tassazione dei fringe benefit auto 2025 rientri in una strategia più ampia con cui il legislatore intende favorire la riduzione delle emissioni di CO2. Puntare su veicoli elettrici o plug-in hybrid significa ridurre l’impatto ambientale del trasporto aziendale e, di riflesso, orientare la domanda di mercato verso vetture a basse emissioni.

Tuttavia, il contraccolpo sulle flotte aziendali non è banale, perché la maggior parte dei contratti oggi attivi riguarda auto con motori a combustione interna o mild hybrid, che a causa dell’aliquota del 50% rischiano di diventare meno appetibili dal punto di vista fiscale.

Questa situazione potrà avere effetti significativi anche sul mercato del noleggio a lungo termine, storicamente legato ai fringe benefit aziendali, dove le aziende di fleet management dovranno adeguare rapidamente la propria offerta per non perdere competitività. Se infatti i fringe benefit legati alle vetture termiche diventano fiscalmente molto onerosi, è probabile che molte imprese inizino a valutare in modo più convinto la scelta di auto elettriche e plug-in hybrid, che godono di condizioni di favore più marcate.

La prospettiva del futuro

Guardando oltre, la riforma del 2025 sui fringe benefit auto rappresenta una chiara presa di posizione politica a favore della mobilità sostenibile. L’obiettivo è spingere un settore ancora in transizione a fare scelte più radicali, portando sempre più persone a muoversi con veicoli a basse emissioni.

La leva fiscale si conferma quindi uno strumento decisivo per orientare i comportamenti, ma resta da capire quanto velocemente le imprese italiane sapranno adattarsi. Non va dimenticato che la circolare dell’Agenzia delle Entrate include anche motocicli, ciclomotori e autocaravan nell’ambito dei fringe benefit 2025, applicando la stessa logica basata sulla tipologia di alimentazione, con aliquote calcolate con gli stessi criteri previsti per le automobili.

Alla fine di questa complessa vicenda normativa, ciò che emerge è la volontà di tracciare una direzione netta: privilegiare i veicoli elettrici e plug-in ibridi, colpire più duramente le auto a combustione interna, accompagnando la transizione con un periodo di morbido adattamento fino a giugno 2025 per chi aveva già fatto ordini precedenti.

È un equilibrio non semplice da mantenere, perché il sistema produttivo e i contratti di fringe benefit aziendali si muovono su tempi lunghi e strategie pianificate spesso con largo anticipo. Ecco perché il ruolo informativo e chiarificatore della circolare 10/E è cruciale, visto che consente ad aziende e dipendenti di avere riferimenti certi per evitare errori costosi o contestazioni fiscali.

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