Il tema dell’aumento del prezzo della benzina torna a occupare le prime pagine e, questa volta, la causa è da ricercare ancora una volta lontano dai confini italiani. L’aggressione di Israele nei confronti dell’Iran, avvenuta nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 giugno, ha immediatamente avuto ripercussioni sul prezzo del petrolio e, di conseguenza, sui listini dei carburanti alla pompa.
È bastato che l’intelligence israeliana affermasse di avere prove su un imminente passaggio dell’Iran all’arma nucleare (affermazioni, queste, smentite categoricamente dall’intelligence americana) perché l’attacco aereo sulle basi militari iraniane scatenasse un effetto domino su tutta la filiera energetica globale.
La storia insegna che quando in Medio Oriente si alza la tensione, i mercati del greggio reagiscono in modo rapido e, spesso, anticipano scenari anche peggiori di quelli reali. E così, mentre le testate internazionali rilanciavano le dichiarazioni di Benjamin Netanyahu a giustificazione dell’attacco (giustificazioni che non hanno appiglio nel diritto internazionale), i trader di petrolio cominciavano già a ricalcolare il rischio di una stretta sugli approvvigionamenti.
Prezzo del petrolio in salita e ripercussioni immediate sui listini
Non è servito molto tempo per vedere gli effetti diretti sul prezzo della benzina. Le quotazioni del Brent, che rappresenta il benchmark europeo di riferimento per il mercato del petrolio, hanno registrato un balzo di circa cinque dollari al barile nel giro di poche ore. Prima dell’attacco israeliano, il prezzo oscillava tra i 68 e i 69 dollari a barile; subito dopo è salito stabilmente nell’intervallo tra i 73 e i 74 dollari.
Una differenza che, come sempre accade, si riflette a cascata lungo tutta la catena distributiva. In Italia, secondo i dati forniti da Quotidiano Energia, il prezzo medio della benzina self è aumentato di un centesimo nel giro di soli quattro giorni. Più contenuto l’aumento sul servito, ma comunque presente: 0,6 centesimi di euro in più per litro. Stesso trend per il diesel, con una crescita di 1,1 centesimi per la modalità self e di 0,8 centesimi sul servito.
A scorrere i numeri aggiornati al 16 giugno, un automobilista si trova oggi a pagare mediamente 1,710 euro al litro per la benzina self-service e 1,849 euro al litro per la stessa benzina servita. Il diesel costa rispettivamente 1,609 euro al litro nella modalità self e 1,749 euro con il rifornimento servito. A completare il quadro dei carburanti, il GPL si mantiene su una forbice tra 0,718 e 0,735 euro al litro, mentre il metano si posiziona tra 1,447 e 1,512 euro al chilogrammo.
Dubbi dei consumatori e accuse di speculazione
Se da un lato i fornitori e gli operatori petroliferi giustificano i rincari con la volatilità del mercato e il timore di uno stop alle forniture dal Medio Oriente, dall’altro i consumatori italiani non sono disposti a subire passivamente l’ennesimo salasso. A dare voce al malcontento ci pensa come sempre il Codacons, che in una nota ufficiale definisce “inaccettabile” l’immediato rialzo dei listini.
L’associazione dei consumatori ricorda che la maggior parte della benzina e del diesel attualmente venduti nelle stazioni di servizio italiane è stata acquistata dai distributori diversi mesi fa, quando le quotazioni del greggio erano di gran lunga più basse rispetto a quelle attuali. Questo significa che l’incremento di prezzo non trova giustificazione nella variazione dei costi di acquisto del carburante, ma è frutto, secondo il Codacons, di una vera e propria speculazione sul prezzo della benzina. Il sospetto è sempre lo stesso: i prezzi alla pompa salgono immediatamente quando il petrolio aumenta, ma scendono con lentezza esasperante quando il greggio torna a livelli più bassi.
Codacons chiede interventi urgenti per fermare la speculazione
Per arginare questa spirale di aumenti incontrollati, il Codacons ha chiesto al Governo di intervenire senza indugi. Le richieste dell’associazione puntano a un monitoraggio serrato della situazione e, se necessario, a misure straordinarie per bloccare qualsiasi fenomeno speculativo che possa gravare sulle tasche degli automobilisti.
La preoccupazione più grande è legata al fatto che il rincaro arrivi proprio a ridosso dell’inizio dell’estate, periodo in cui milioni di italiani si metteranno in viaggio per le vacanze. Aumenti anche di pochi centesimi al litro, spalmati su un pieno di carburante, si traducono in spese aggiuntive di decine di euro per famiglie che già devono fare i conti con un caro-vita generalizzato. Non è la prima volta che il Codacons lancia l’allarme: già in passato l’associazione aveva evidenziato anomalie nel comportamento del mercato dei carburanti in Italia, chiedendo controlli più stringenti e sanzioni per eventuali pratiche scorrette.
Un fenomeno che si ripete a ogni crisi internazionale
L’analisi di quanto accaduto in questi giorni conferma un dato ormai storico: l’aumento del prezzo della benzina in Italia è spesso collegato a dinamiche geopolitiche che poco hanno a che fare con i reali costi di approvvigionamento delle compagnie di distribuzione. Il mercato italiano è infatti particolarmente sensibile alle oscillazioni del Brent, ma tende a reagire in modo asimmetrico: in caso di rialzo, gli aumenti si manifestano subito; in caso di ribasso, invece, la discesa è lenta e graduale.
Un meccanismo che, inevitabilmente, penalizza gli automobilisti, soprattutto in un Paese dove l’auto privata è ancora uno strumento di mobilità imprescindibile per gran parte della popolazione. Il paradosso è che spesso le scorte di carburante sono state acquistate a prezzi più bassi rispetto ai listini di vendita applicati dopo le crisi internazionali. Ecco perché si parla di speculazione: l’opportunità di cavalcare la paura di una riduzione delle forniture si trasforma in guadagni extra per alcuni attori della filiera, a scapito dei consumatori finali.
Cosa aspettarsi nelle prossime settimane
La domanda che tutti si pongono è cosa accadrà ora. Molto dipenderà dall’evoluzione del conflitto tra Israele e Iran. Se le tensioni dovessero attenuarsi rapidamente, i mercati del petrolio potrebbero stabilizzarsi e, con essi, anche i prezzi alla pompa. Tuttavia, l’esperienza insegna che le conseguenze di un rialzo delle quotazioni possono protrarsi per settimane o addirittura mesi, anche quando le ragioni di fondo si sono ridimensionate.
A ciò si aggiunge la variabile estiva: tradizionalmente, nei mesi di giugno, luglio e agosto la domanda di carburante cresce in modo significativo per via dei milioni di spostamenti legati alle ferie. Un aumento fisiologico della domanda che rischia di alimentare ulteriormente il trend rialzista dei prezzi, rendendo ancora più onerosi i viaggi in auto. In questo scenario, gli automobilisti italiani si trovano a dover fare i conti con un’altra voce di spesa che pesa sempre di più sul bilancio familiare. L’auspicio di molti è che le autorità competenti riescano a contenere la speculazione e a garantire una maggiore trasparenza nei meccanismi di formazione del prezzo del carburante.