Ferrari, Hamilton al centro dello sviluppo della futura Rossa

Lewis Hamilton chiede una Ferrari 2026 modellata sul suo stile di guida. A Maranello il team tecnico valuta le sue richieste, ma resta l’equilibrio con Leclerc.

Ferrari a Imola hamilton
Hamilton sulla Ferrari. PH Scuderia Ferrari account X

Nel pieno della stagione 2025, tra sfide in pista e grandi aspettative per il futuro, la Ferrari guarda già oltre, proiettata verso il 2026. È l’anno della rivoluzione regolamentare in Formula 1, e Maranello non intende farsi trovare impreparata. Al centro di questa transizione c’è Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, chiamato non solo a guidare ma anche a orientare lo sviluppo della nuova monoposto. Il suo arrivo ha rappresentato un colpo di scena mediatico e tecnico, e ora, mentre la SF-25 lotta per affermarsi nel campionato attuale, Hamilton si muove per imprimere il proprio stile sulla Ferrari del futuro.

A Silverstone, l’inglese è stato diretto: lavorare sulla SF-25 non è più una priorità. Per lui, e per l’interesse della squadra, è essenziale concentrare le risorse sul progetto 2026, modellando una monoposto che gli permetta di tornare competitivo ai massimi livelli. La richiesta è chiara: mettere il proprio “DNA” nella prossima vettura del Cavallino. Un’affermazione forte, che non ha tardato a sollevare reazioni all’interno del team e tra gli appassionati.

La posizione di Hamilton e l’importanza dello stile di guida

Le difficoltà nel trovare il feeling con la SF-25 hanno spinto Hamilton a chiedere un maggiore coinvolgimento nella fase progettuale della monoposto che verrà. In passato, il britannico ha costruito gran parte dei suoi successi su vetture che si adattavano perfettamente alle sue preferenze: sterzo preciso, posteriore stabile, frenata reattiva. Elementi che, per il momento, non ha ritrovato sulla Ferrari attuale. Di qui la volontà di influenzare sin dall’inizio lo sviluppo della Ferrari 2026, in modo che possa esprimersi al meglio.

Questo approccio è già stato messo in atto attraverso un dialogo costante con Loïc Serra, il direttore tecnico del team, che ha lavorato con Hamilton per anni in Mercedes. La sintonia tra i due è evidente e, secondo quanto riferito dallo stesso Hamilton, il confronto è già serrato per impostare parametri tecnici chiave della futura monoposto. Tuttavia, se da un lato il campione inglese spinge per un’auto costruita sulle sue esigenze, dall’altro Maranello rivendica un equilibrio interno da mantenere.

Il punto di vista della Ferrari e l’intervento di Jerome D’Ambrosio

A gettare acqua sul fuoco delle speculazioni ci ha pensato Jerome D’Ambrosio, attuale vice team principal e figura di raccordo tra il management tecnico e i piloti. In un’intervista rilasciata alla testata tedesca Auto Motor und Sport, l’ex pilota ha sottolineato con fermezza che la Ferrari non costruirà la vettura 2026 attorno a un solo pilota. L’obiettivo rimane uno solo: sviluppare la monoposto più veloce possibile, a prescindere dalle caratteristiche personali di chi la guiderà.

D’Ambrosio ha spiegato come il processo di sviluppo tecnico segua fasi ben definite. In una prima fase, i parametri fondamentali sono quelli oggettivi: aerodinamica, prestazione complessiva, efficienza, comportamento in curva e velocità massima. Solo in un secondo momento si valuta come personalizzare certi aspetti del comportamento della monoposto, per adattarla agli stili dei singoli piloti. Un modo per proteggere l’identità del progetto tecnico e allo stesso tempo garantire competitività.

Il team si riunisce più volte all’anno con entrambi i piloti per mettere sul tavolo richieste e sensazioni. D’Ambrosio ha sottolineato che, nonostante le personalità differenti, le richieste di Hamilton e Leclerc spesso convergono su aspetti comuni. Questo, secondo lui, è il segno che si sta lavorando nella direzione giusta. La Ferrari, dunque, ascolta tutti, ma non fa distinzioni né gerarchie nel fissare le priorità tecniche.

La relazione tra Hamilton, Serra e Leclerc nel team

Un tema particolarmente delicato riguarda la relazione tra Hamilton e Loïc Serra, rinsaldata dopo anni di successi condivisi in Mercedes. La loro familiarità tecnica è un vantaggio comunicativo, ma c’è chi teme che possa trasformarsi in un’influenza eccessiva sul piano progettuale. D’Ambrosio, però, ha voluto subito chiarire che non esiste alcun favoritismo. Serra ha un rapporto altrettanto solido con Charles Leclerc, pilota cresciuto nel vivaio Ferrari e al centro del progetto da diverse stagioni.

Questa triangolazione tecnica e politica rappresenta uno dei temi centrali dell’assetto interno a Maranello. Con due fuoriclasse in squadra, il rischio è quello di uno sbilanciamento nella gestione delle priorità, ma l’intenzione dichiarata dalla dirigenza è quella di mantenere un equilibrio sano e competitivo. Hamilton porta in dote esperienza e un palmarès eccezionale, ma Leclerc rappresenta la continuità e la visione a lungo termine del Cavallino.

In questo scenario, la Ferrari si trova a gestire una delle coppie di piloti più prestigiose e complesse dell’intera griglia, e dovrà essere in grado di trarne vantaggio in pista senza che le tensioni interne compromettano la coesione del team.

Il ruolo strategico del 2026 e il futuro della Scuderia

Il 2026 non sarà solo l’anno della nuova vettura, ma anche il punto di svolta tecnico della Formula 1. Le nuove regole aerodinamiche e motoristiche, l’arrivo di propulsori ibridi più efficienti e un’aerodinamica completamente rivisitata obbligheranno tutte le squadre a ripensare le fondamenta progettuali. In questo contesto, la Ferrari vuole tornare a essere il punto di riferimento, mettendo fine a un digiuno iridato che dura dal 2007.

La sfida è tanto tecnica quanto organizzativa. A Maranello, l’arrivo di Hamilton è stato interpretato come un catalizzatore di ambizione, ma sarà necessario che ogni ingranaggio del meccanismo funzioni in modo coerente. La collaborazione tra reparti, il coinvolgimento dei piloti, la visione chiara del management tecnico sono tutti elementi che determineranno la bontà del progetto.

L’influenza di un pilota come Hamilton può essere un vantaggio se ben canalizzata, ma non può travalicare le logiche collettive del team. Per questo, la posizione di D’Ambrosio è significativa: apertura all’ascolto, ma sempre nel rispetto del principio cardine della massima performance oggettiva.

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